L’ex Chiesa risale all’incirca al 1100; abbandonate le funzioni religiose è divenuta proprietà privata ed adibita nel corso degli anni agli usi più vari, anche come lanificio e fienile. Nel 1850, sotto i Padri Missionari del Preziosissimo Sangue, è stata riaperta al culto ma dopo appena venti anni, nel 1870, è diventata bene demaniale ed utilizzata come sala per spettacoli, Casa del Fascio e rifugio per gli sfollati. Nel 1974 è stata venduta dal Demanio al Comune di Marino, che l’ha utilizzata come sede di manifestazioni culturali. Dopo l’ultimo restauro è stata adibita a sede del Museo, inaugurato nell’anno 2000.
La struttura era articolata in tre navate con abside centrale ed ingresso introdotto da una scalinata. Attualmente sono rimaste solo la navata centrale e quella di destra, dove sono presenti due cappelle. La navata di sinistra è occupata da costruzioni civili. L’interno è in stile gotico, come mostrano gli archi a sesto acuto; durante i restauri sono stati rinvenuti diverse fosse, sepolture e frammenti di affreschi di tema cristiani.
L’attuale Museo Civico Umberto Mastroianni raccoglie la collezione precedentemente esposta nell’Antiquarium Comunale, che aveva sede all’interno del Palazzo Colonna e conservava, oltre a resti risalenti all’epoca protostorica, romana e medioevale, anche molti atti notarili, alcuni dei quali del XVI secolo. Oltre ad esporre importanti reperti archeologici, il Museo Civico organizza diverse attività, come mostre, convegni, concerti, visite guidate e creazione di percorsi tematici.
Per approfondire
Abbiamo, su queste pagine, in passati numeri, riflettuto su aspetti cruciali per l’arte ed in particolare per l’arte contemporanea. Iniziamo dal Museo Archeologico “Umberto Mastroianni” di Marino proprio per il fatto di essere uno spazio “intermedio”: Polvere di antichi marmi e nuovi materiali
MUSEO DEL BOTTAIO
Una collezione unica nel suo genere in Italia: un intero insieme di arnesi di lavoro di Alberico Bini, ultimo mastro bottaio di Marino. La raccolta consta di 160 strumenti risalenti all’ultimo ventennio dell’ottocento ed è un’importante testimonianza dei passati sistemi di lavoro e dei “segreti del mestiere” trasmessi da padre in figlio per ben quattro generazioni. La bottega della famiglia Bini era sita in Via Cairoli e la sua massima attività si registra ai primi decenni del 1900 e nel secondo dopoguerra fino al 1984. Il bottaio non è un falegname: si lavora essenzialmente su superfici curve, la precisione dell’esecuzione tiene conto delle capienze e della tenuta dei vasi vinari. Botti, bigonci, barili, mastelli e tini realizzati artigianalmente con le pialle, burchielli, calibri, regoli, asce e seghe diversi per dimensioni, forme e finalità e recentemente restaurati dai volontari dell’Associazione Archeoclub Colli Albani. La prima fase per realizzare una botte è sicuramente la scelta del legno, visto che dà l’essenza al prodotto (nella collezione Bini i legni scelti sono quello di castagno e di rovere): il legno viene lavorato per il ricavo delle doghe larghe 3/4 cm; utilizzando cerchi di ferro provvisori (che danno la capacità del prodotto) si allineano le doghe fino al completamento del contenitore; la curvatura delle doghe è data dal calore, scaldando il legno accendendo un fuoco o a vapore; i diversi gradi della tostatura sono altri componenti imprescindibili per l’essenza del prodotto; le doghe finalmente curve vengono tagliate per renderle pari ed incanalare il fondo; l’ultima fase è la marchiatura dei contenitori in legno finemente realizzati.
Per info visite chiamare 3331151861
MUSEO DEL VINO
Il “Museo del Vino” ideato e realizzato da Marco Fabi è una raccolta privata di attrezzature enologiche e vitivinicole tipiche di Marino e dei Castelli Romani in uso fino a pochi decenni fa. Insieme al “Museo del Bottaio” ed al “Museo del Carretto a Vino”, la raccolta Fabi è volta ad approfondire un aspetto che ha caratterizzato da sempre l’economia marinese: il vino ed i suoi processi di lavorazione, dagli strumenti di lavoro nei vigneti alla finale vinificazione dell’uva. Il vino non è nient’altro che la fermentazione alcolica del succo d’uva grazie a dei lieviti nella buccia dell’acino che trasformano lo zucchero della polpa in alcool etilico e anidride carbonica. La primissima fase di realizzazione è sicuramente la vendemmia, seguita dalla pigiatura (nei mastelli, a piedi nudi) e dalla fermentazione ad un giorno, una settimana od addirittura dieci giorni; la vinificazione si diversifica da vino bianco a vino rosso; le ultime due fasi sono quelle della svinatura e dell’invecchiamento, travasando il vino purificato dai residui solidi e dalle vinacce che rimangono sul fondo dei tini, delle botti. Anche quest’ultima fase si differenzia per i vini bianchi che vengono imbottigliati ed i vini rossi che verranno invece lasciati invecchiare fino a cinque anni.
Per info visite chiamare 06 9386783 – 3284589142
MUSEO DEL CARRETTO A VINO
ll “Museo del Carretto a Vino” fa parte dello stesso circuito del “Museo del Bottaio” e del “Museo del Vino”. Allestito dalla Pro Loco nell’ottobre 2002 e ospitato in una ex bettola, così detta perché adibita alla sola mescita e degustazione del vino, si trova in Via Cola di Rienzo 4/5 e testimonia il periodo fiorente della commercializzazione del vino. L’esemplare che si ammira all’interno risale ai primi del ‘900 ed è pressoché integro. Presenta due ruote e un pianale con due aste per il traino del cavallo. Interessante è la capote di tessuto cerato e imbottita che serviva al carrettiere per ripararsi dal freddo. La cappottina, veniva personalizzata con colori, decorazioni di fantasia, campanacci, campanelli e pennacchi per il cavallo. Non mancavano gli strumenti utili alla cura del destriero come il sacco per il fieno e il secchio. Il Carretto a Vino è l’Ambasciatore dei Castelli Romani come fu “Ciceruacchio” (al secolo Angelo Brunetti) che viaggiando veicolava gli ideali della Repubblica Romana. I carrettieri marinesi veicolavano gli elementi distintivi del loro luogo di provenienza contribuendo così alla notorietà di Marino, quasi dei mezzi “social” ante litteram. Il carretto a vino è stato il protagonista indiscusso della campagna romana fino all’ultimo dopoguerra. I carretti erano differenti tra loro per gli apparati decorativi e i sonagli applicati a seconda del luogo di provenienza (Genzano, Marino, Frascati…), o della tipologia di vino o della tenuta agricola di produzione. Il carico di un carretto era di 8 barili da 60 litri, disposti trasversalmente lungo il pianale e fermati da funi (più un bariletto da 5 litri posizionato vicino al carrettiere). I carrettieri non giravano mai da soli. Erano sempre in compagnia dei loro cani da guardia, necessari per difendersi dai briganti, sia per il viaggio d’andata in cui trasportavano vino, sia per il viaggio di ritorno dove, ben nascosto, celavano il ricavato della giornata. L’avvento del motore con i camion e gli autocarri, attorno agli anni Cinquanta, ha soppiantato l’uso del carretto per il trasporto del vino.
Per info visite chiamare 3331151861
(testi a cura dell’Archeoclub Colli Albani)